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Memoriale dal Brasile: lo “Smemorato di Collegno” scrive a padre Gemelli

 

La vicenda dello “Smemorato di Collegno”, nota anche come il “caso Bruneri-Canella”, è un famoso caso di cronaca dell’Italia di epoca fascista. Iniziato nella Torino del 1926, ha appassionato gli italiani per oltre un decennio, venendo ad intrecciare aspetti legali, psichiatrici, politici, morali e mediatici.
Il protagonista, lo “Smemorato”, è un uomo internato dal marzo 1926 per amnesia e minacciato suicidio nel Manicomio di Collegno, vicino a Torino, con il numero di matricola 44170. Grazie ad un annuncio apparso sullaDomenica del Corriere nel febbraio 1927 viene identificato da due famiglie differenti. La sua identità diventa oggetto di una contesa e di un procedimento giudiziario che prosegue, tra alterne vicende e attraverso cinque gradi di giudizio, fino al 1933 (anno della sua definitiva scarcerazione) ed oltre, fino alla morte avvenuta in Brasile nel 1941.
Due sono le identità, al centro della controversia, attribuite allo “Smemorato”:
Il professor Giulio Canella, nato a Padova nel 1881 e residente a Verona, studioso, docente di filosofia, dato per disperso in Macedonia con il grado di capitano durante la prima guerra mondiale. Canella era sposato con la propria cugina, Giulia Concetta Canella, figlia di un ricco proprietario terriero con grossi interessi economici in Brasile, dalla quale aveva avuto due figli, Rita e Giuseppe.
L’ex-tipografo anarchico Mario Bruneri, nato a Torino nel 1886. Al momento del ricovero in manicomio dello “Smemorato”, Bruneri viveva senza fissa dimora ed era ricercato dal 1922 per alcune precedenti condanne per truffa e lesioni. Sposato con Rosa Nigro, aveva anch’egli un figlio di nome Giuseppe, ma aveva abbandonato entrambi da diversi anni per condurre la sua vita di espedienti.
Centrali nella controversia sono i ruoli delle due mogli, Rosa Nigro e Giulia Canella. Soprattutto quest’ultima, dichiarando di riconoscere nello “Smemorato” suo marito Giulio Canella nonostante l’accumularsi di prove contrarie e convivendo con lui more uxorio nei momenti di pausa tra una carcerazione e l’altra (la coppia avrà anche tre figli, la cui attribuzione di paternità costituirà un caso nel caso), risulta essere una figura tanto cruciale quando controversa dal punto di vista psichico.
L’intricata vicenda umana e giudiziaria è stata al centro dell’interesse dei giornali per anni, così come non sono mancate le ricostruzioni più o meno complete e storicamente documentate. Sebbene la maggior parte di esse siano state date alla stampa negli anni in cui il caso passava da un tribunale all’altro, anche dopo l’esilio volontario in Brasile della famiglia Canella e dopo la morte dello “Smemorato” si sono verificati periodici ritorni di interesse per la sua storia.
I medesimi protagonisti hanno contribuito a questa copiosa produzione, con l’intento di avvalorare la loro tesi giudiziaria e, di conseguenza, di legittimare l’identificazione dello “Smemorato” ora in Giulio Canella ed ora in Mario Bruneri [Canella F. 1927; Canella G. 1930; Bruneri 1931; Canella F. 1938]. Lo stesso dicesi per alcune trattazioni preudo-scientifiche dalla natura quantomeno bizzarra [De Martini 1929; Johnson Da Fidenza 1932].
Il caso ha segnato una svolta anche per il mondo giuridico: proprio a partire da questa vicenda il peso della scienza all’interno dei tribunali italiani è divenuto sempre più rilevante. Lo “Smemorato”, durante le varie fasi del suo internamento in manicomio e degli accertamenti di polizia, è stato infatti sottoposto alle più svariate indagini scientifiche, volte ad accertare la sua vera identità (perizie dattiloscopiche, somatiche, calligrafiche, otoiatriche, fotografiche, ematiche sul gruppo sanguineo, culturali sugli studi classici e musicali, oltre alle perizie psichiatriche). Si è trattato di una delle prime volte in cui la prova scientifica delle impronte digitali ha acquisito rilevanza incontestabile.
Le perizie psichiatriche, supportate dai test psico-diagnostici più vari [si veda al riguardo Ponzo 1923], sono state largamente utilizzate da ambo le parti in causa, venendo poi debitamente pubblicate negli anni successivi dagli illustri psichiatri che le avevano firmate e che si erano contesi la scena “mediatica” nel loro suffragare la tesi bruneriana (Alfredo Coppola) o la tesi canelliana (Giovanni Mingazzini, Giacomo Perrando, Rinaldo Pellegrini e Giuseppe Calligaris) [si vedano al riguardo Calligaris 1929; Perrando e Pellegrini 1929; Mingazzini 1930; Coppola 1931].
Al centro del dibattito scientifico si poneva la questione dei disturbi della memoria, che nella visione classica della psichiatria potevano essere il segno di una vera e propria scissione dell’unità psichica dell’individuo. Gli scienziati che si sono occupati del caso hanno però sempre concordato nel respingere l’ipotesi di una patologia legata alla scissione dell’Io, concentrandosi invece su una diagnosi di simulazione dolosa (tesi pro-Bruneri) o di “isteria crepuscolare accentuata da amnesia traumatica” (tesi pro-Canella).
Si può quindi dire che il caso Bruneri-Canella è stato un punto di svolta per il giovane mondo della psicologia in Italia. Alcuni studiosi, tra i quali Stefano Zago [2004] e Lisa Roscioni [2007], hanno sottolineato l’importanza di questo caso per la nascita di importanti teorie, in particolare riguardo alle strategie di valutazione cognitiva sviluppate da Alfredo Coppola, che sono tuttora considerate valide [Bruglia 1927; Ferrari 1927; Coppola 1928a, 1928b; Musatti 1931].
Al fondo dell’intrico psichico troneggiava la questione, antica eppure modernissima, dell’identità. Lo “Smemorato” affermava una sua identità, quella del professor Giulio Canella, supportato in questo del cruciale riconoscimento della di lui moglie Giulia, ma richiedeva anche un impossibile riconoscimento pubblico, che la giustizia e buona parte della società civile gli negavano. Il ricoverato numero 44170 del Manicomio di Collegno “si aggrappava forse al passato di un altro per costruirsi un nuovo futuro […]. Il legame tra i due si fondava quindi sul filo di un duplice desiderio, quello di Giulia Canella di ritrovare il marito e di risolvere così un lutto inconsolabile e quello dello Smemorato di attribuirsi una nuova identità” [Roscioni 2007, p. XIX].
Tra i numerosi amici e conoscenti del capitano Canella chiamati dalla famiglia a riconoscerlo nell’uomo di Collegno, compare anche padre Agostino Gemelli. Questi aveva conosciuto Canella a Milano nel 1907 ed insieme avevano fondato la Rivista di filosofia neoscolastica nel 1909. La comune avventura editoriale era durata poco più di un anno, dopo di che Canella era stato di fatto estromesso dalla direzione della rivista. Padre Gemelli aveva incontrato lo “Smemorato” presso il Manicomio di Collegno l’8 aprile 1927 e dopo un breve colloquio con il ricoverato aveva fatto mettere a verbale di non riconoscere in quell’uomo il professor Giulio Canella.
La descrizione dell’episodio che avrebbe portato alla rottura tra Canella e padre Gemelli viene resa pubblica una prima volta attraverso il memoriale che Francesco Canella (suocero di Giulio) fa pervenire all’autorità giudiziaria nel 1927. In questo modo la famiglia insinua apertamente il movente del passato rancore personale nel mancato riconoscimento da parte del francescano. Dal canto suo padre Gemelli dichiara in più occasioni che il suo interessamento alla vicenda è da imputare unicamente ai risvolti morali che il caso sottende: se lo “Smemorato” non è il professor Canella, Giulia accoglie nel suo talamo un estraneo, per di più marito di un’altra donna, e gli dà anche dei figli dalla paternità incerta. Alfiere della questione morale sarà, almeno nelle prime fasi processuali, anche il conte Giuseppe Della Torre di Padova, direttore in quegli anni dell’Osservatore Romano [a proposito del dissidio pluriennale tra Gemelli e la famiglia Canella si rimanda a Cosmacini 1985 e Bocci 2003].
Alla conclusione dei cinque processi, lo “Smemorato” viene identificato dallo Stato italiano nel latitante Mario Bruneri e come tale sconterà anche un anno e mezzo di carcere per alcune condanne pendenti. Con il trasferimento dell’intera famiglia in Brasile, nell’ottobre del 1933, l’interesse del pubblico verso il caso sembra calmarsi. Tuttavia i Canella, al di qua e al di là dell’oceano, proseguono la loro lotta verso chi ritengono averli rovinati, padre Gemelli in primis.
Il pretesto per proseguire con le loro rivendicazioni arriva assieme alla pubblicazione da parte di quest’ultimo di un ricordo del professor Giulio Canella “caduto eroicamente per la Patria in terra straniera durante la grande guerra” [Gemelli 1934, p. 5], scritto in occasione dei 25 anni dalla fondazione della Rivista di filosofia neoscolastica. Il riferimento alla scomparsa del professore implica necessariamente che lo “Smemorato”, esule in Brasile, non possa essere il Canella. I fratelli rimasti in Italia leggono l’articolo e ne mandano una copia in Brasile. Gemelli, ironico, sfida lo “Smemorato” a rievocare fatti noti unicamente a lui, a Canella e al defunto Tito Dini circa la fondazione della rivista. La risposta è contenuta in un plico indirizzato a padre Gemelli e conservato tra le sue carte presso l’Archivio Storico dell’Università Cattolica di Milano [Fondo Miscellanea, cart. 43, sottofasc. 347], solo parzialmente trascritto in Parisi [1946] e in Roscioni [2007].
Il plico contiene i seguenti documenti:
1) Lettera di Cesare Canella a padre Agostino Gemelli (Padova, 24 giugno 1935), dattiloscritta, inoltra al padre la lettera e la lettera aperta firmate Giulio Canella.
2) Lettera aperta di Giulio Canella a padre Agostino Gemelli (Rio de Janeiro, marzo 1935), consta di 14 pagine dattiloscritte, con poche correzioni manoscritte, controfirmate a margine una per una a nome Giulio Canella. Lo scopo dichiarato è quello di dimostrare la sua presenza in vita e di raccontare pubblicamente la natura del grave dissidio insorto 25 anni prima tra lui e padre Gemelli, circa la Rivista di filosofia neoscolastica: gravi lacune sotto il profilo filosofico dimostrate da Gemelli oltre alle sue velleità accentratrici ed egemoniche.
3) Lettera di Giulio Canella a padre Agostino Gemelli (Rio de Janeiro, 27 maggio 1935), manoscritta, chiarisce la natura della lettera aperta acclusa al plico.
4) Biglietto di padre Agostino Gemelli a destinatario sconosciuto (s.d.), dattiloscritto su carta intestata dell’Università Cattolica di Milano.

Ilaria Montanari e Chiara Incorpora
05/10/2010

Bibliografia

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